La stufa a pellet inquina? Ecco la verità che non ti dicono

La stufa a pellet inquina. Come le stufe a legna, i caminetti e altri metodi che scegliamo di utilizzare per le nostre necessità quotidiane.

Anche le automobili inquinano, non ci sono dubbi. E l’inquinamento atmosferico, soprattutto in città, è un problema con cui spesso ci troviamo a fare i conti. Per la salvaguardia dell’ambiente e per tutelare la nostra salute.

Di conseguenza, vengono strutturati provvedimenti ad hoc, come la Dgr 25 settembre 2017, n.1412. Legge regionale anti-inquinamento entrata in vigore il 1° ottobre 2019.

Così, in Emilia-Romagna non è più possibile utilizzare camini aperti a legna e stufe a pellet: inquina tutto ciò che utilizziamo senza la dovuta attenzione!

La direttiva avrà validità dal 1° ottobre al 31 marzo di ogni anno. Riguarda tutti i Comuni che si trovano al di sotto dei 300 metri di altitudine.

Il divieto di utilizzare combustibili solidi, per il riscaldamento, riguarda:

  • le unità immobiliari dotate di sistemi multi-combustibile;
  • gli impianti con classe di prestazione emissiva inferiore a 3 stelle;
  • i focolari aperti o che possono funzionare aperti.

Per i Comuni parzialmente al di sotto dei 300 metri di altitudine, deve essere il Comune ad indicare le zone in cui vige il divieto. In mancanza di indicazioni, la direttiva riguarda tutto il territorio comunale.

Il divieto, inoltre, non è valido per chi usa il caminetto o la stufa come unico mezzo di riscaldamento.

Quindi, l’Emilia-Romagna è l’esempio di una regione che ha compreso che la stufa a pellet inquina e l’utilizzo viene regolato in base a specifiche normeSoprattutto, è subordinato alla certificazione di conformità alla classe A1 della norma UNI EN ISO 17225-2.

Il dibattito relativo all’inquinamento (atmosferico) è ampio. In modo particolare sulla questione del riscaldamento. La stufa a pellet inquina, ma anche i camini, perché producono PM10, ovvero polveri sottili che finiscono nell’aria rendendola tossica.

Pareri sull’inquinamento delle stufe a pellet

L’azienda di ricerca Innovhub (della Camera di Commercio di Milano) ha deciso di effettuare uno studio sulle differenze d’impatto tra il gas metano e le stufe a pellet, a legna e i caminetti in genere.

Sono risultate evidenti proprio le differenze rispetto alle emissioni di particolato (polveri sottili).

Ovviamente, i valori fra legna e pellet cambiano a seconda del tipo e della qualità del carburante e dell’apparecchio utilizzato. Eppure, sembrerebbe che anche nei valori più bassi registrati per il pellet, questi siano elevati rispetto a quelli del gas metano.

  • 23,9 grammi per gigajoule per il pellet di alta qualità, bruciato in una stufa di alta gamma
  • mentre per il gas metano i valori non sono rilevabili perché inferiori a 0,04 g/GJ.

Diverso il parere dell’Associazione italiana per le energie rinnovabili (Aiel).

Perciò la polemica non si ferma e include nella discussione le biomasse, inserite tra le energie rinnovabili.

Ci si chiede se, visto che la stufa a pellet inquina, basterà scegliere un pellet di qualità?

Marino Berton, coordinatore dell’Associazione Italiana Energie Agroforestali mette in evidenza un fatto. Quando per l’emergenza smog vengono posti dei limiti agli impianti di riscaldamento, non riguardano mai quelli di nuova generazione.

“Bisogna capire che rottamare le vecchie stufe a legna e pellet è fondamentale nella lotta all’inquinamento, è come passare da un’auto Euro 0 a un’auto euro 6”.

Anche per Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club, il primo passo è la sostituzione dei vecchi apparecchi con quelli di nuova generazione. Che abbattono le emissioni fino all’80%.

Nel nostro Paese il 60% delle stufe avrebbe ormai più di 5 anni di vita, e un altro 18% ha superato i 10 anni.

Generatori di qualità per le stufe a pellet che inquinano

Uncem, Unione nazionale Comuni Comunità Enti Montani, si schiera con Aiel e ribadisce quanto sia fondamentale che tutti gli incentivi alle biomasse legnose siano finalizzati esclusivamente ai generatori di qualità. Con alti rendimenti e basse emissioni.

Tutto ciò, infatti è stato previsto nell’Accordo interministeriale sottoscritto a giugno 2019 nel corso del “Clean Air Dialogue”.

La soluzione, quindi, non sarebbe rappresentata esattamente dalla sostituzione del GPL al posto delle biomasse. Secondo loro non bisogna togliere gli incentivi al settore del riscaldamento a biomasse.

Anzi, per migliorare la qualità dell’aria sarebbe necessario intensificare l’impegno a incentivare la sostituzione dei vecchi apparecchi a legna e delle stufe a pellet che inquinano, con i moderni generatori.

Che garantiscono elevati livello di efficienza energetica e basse emissioni di polveri. Innanzitutto, grazie agli incentivi del Conto Termico. 

Esistono, infatti, risultati apprezzabili.

Nel 2017, con 23.400 interventi di sostituzione, è stato possibile garantire una riduzione di 1.100 tonnellate annue di particolato (PM) e di circa 80.000 tonnellate annue di CO2 equivalente.

Nel 2018, con un raddoppio degli interventi di sostituzione, ci sarebbe stato un raddoppio anche dei benefici ambientali derivanti. Ovvero, una mancata emissione in atmosfera di 2.200 tonnellate annue di particolato (PM) e di circa 160.000 tonnellate annue di CO2 equivalente.

Di conseguenza, si passerà alla scelta di un pellet di qualità.

Altroconsumo, l’Associazione italiana dei consumatori, raccomanda di controllare i marchi in etichetta ogni volta che si acquista il pellet.

Esistono diversi marchi di certificazione, che variano in ogni Paese. Poi, in alcuni Stati come Ucraina e Russia, non è previsto alcuno standard di qualità.

E in Italia?

In Italia la situazione sembra essere sotto controllo:

  • è vietato l’uso di legno e scarti di legno trattati chimicamente;
  • esistono certificazioni che possono garantire una buona qualità;
  • altre che assicurano la sostenibilità del prodotto.

Da considerare però, che il nostro, tra i paesi europei, è uno dei maggiori importatori di pellet.

È chiaro che gli effetti positivi dell’utilizzo di una tale fonte di energia rinnovabile si riscontrano maggiormente nel caso delle filiere corte.

Perché sopraggiunge una incredibile riduzione degli oneri ambientali dovuti al trasporto del combustibile.

(Di qualsiasi combustibile si parli.)

In generale, l’uso della biomassa comporta un’emissione di CO2 in media 5-6 volte più bassa in confronto al gas o al gasolio.

L’impiego delle biomasse presenta molti aspetti che andrebbero sempre tenuti in considerazione. Come la possibilità di valorizzare le risorse energetiche locali.

Ogni scelta, quindi, dovrebbe rientrare, in un’analisi ambientale specifica. Che osservi il territorio in questione in modo integrato, riferendosi a tutte le fasi…anche in termini di consumo energetico.

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