Recentemente, si è discusso in Italia sulla possibilità di riattivare le centrali elettriche a carbone, un’idea emersa nel contesto delle tensioni energetiche europee causate dal conflitto tra Russia e Ucraina.
L’Unione Europea, Italia inclusa, sta cercando alternative all’energia russa, essendo questa fondamentale per il nostro fabbisogno energetico. Di fronte a questa necessità, il governo italiano ha proposto di riaprire le centrali a carbone, nonostante molti di questi impianti fossero in fase di dismissione.
Ma è davvero questa la soluzione ottimale? Quali sono gli effetti di questa decisione? Vediamo se la riattivazione delle centrali a carbone in Italia potrebbe effettivamente portare a un risparmio per i cittadini.
Centrali a carbone in Italia per difenderci dal caro energia
Il 2022 è iniziato con un significativo aumento dei prezzi di gas ed energia, diminuito poi parzialmente nel 2023. In Italia, abbiamo 7 centrali elettriche a carbone:
- Fusina (Veneto)
- La Spezia (Liguria)
- Torrevaldaliga (Lazio)
- Brindisi (Puglia)
- Portoscuso (Sardegna)
- Monfalcone (Friuli-Venezia Giulia)
- Fiume Santo (Sardegna)
Queste centrali dovrebbero essere dismesse o convertite a gas naturale entro il 2025, secondo il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Tuttavia, il governo italiano sta considerando la riapertura temporanea di queste centrali a carbone per contenere i prezzi e far fronte a eventuali carenze di gas.
Nonostante la logica dietro questa decisione, riattivare queste centrali non porterà risparmi significativi e allontanerà l’Italia dall’obiettivo di un’energia più sostenibile.
Perché le centrali a carbone in Italia non sono la soluzione
La proposta di riaprire le centrali a carbone in Italia ha suscitato molte critiche. Le centrali a carbone, seppur incrementassero la loro produzione, coprirebbero solo una frazione del fabbisogno energetico italiano, e la materia prima necessaria per il loro funzionamento è prevalentemente importata.
La Sardegna ospita l’unica miniera di carbone attiva in Italia, ma la sua produzione è insufficiente per le necessità delle centrali, il che significa dover importare il carbone da altri paesi, un processo che influenzerebbe la spesa degli italiani e non aiuterebbe a raggiungere gli obiettivi europei di riduzione dei gas serra.
Le alternative alle centrali a carbone in Italia
Di fronte alla proposta di riaccendere le centrali a carbone in Italia, organizzazioni come Legambiente, Greenpeace Italia e WWF hanno sollevato preoccupazioni sull’impatto ambientale e sanitario di tale scelta. Invece di tornare alle fonti energetiche inquinanti, si suggerisce di puntare su soluzioni di energia rinnovabile.
Approfondimento
Secondo gli esperti del settore energetico, accelerando le procedure autorizzative, l’Italia potrebbe incrementare notevolmente la sua capacità di generare energia rinnovabile. Questa direzione non solo sarebbe più economica a lungo termine, ma anche più sana per i cittadini e l’ambiente.
Quindi, anziché riavviare le centrali a carbone, l’Italia dovrebbe considerare seriamente le alternative rinnovabili, che rappresentano non solo una soluzione più sostenibile, ma anche un passo avanti verso l’autonomia energetica.